un colpo alla nuca e il mucchio si alza

un colpo alla nuca e il mucchio si alza

un colpo alla nuca e il mucchio si alza

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Per chi ha dato disposizioni la vicenda è chiusa.
Chi ha premuto il grilletto avrà provato qualche emozione mentre puntava alla nuca di quegli infelici? Non una volta sola hanno puntato. Non una, non due, non tre ma più di cento volte tanto, e in queste trecento e più volte quali pensieri avranno attraversato quelle menti, pur sempre di uomini?
Un colpo alla nuca e via! L’ordine è stato eseguito
“L’uomo” diventa cadavere e, trascinato per i piedi, come una carogna, viene gettato sull’ammasso di altri suoi simili e …il mucchio si alza, si alza a dismisura. Una catasta di corpi, diversi per età, per estrazione sociale, per professione ma tutti riconducibili ad un fattore comune: esseri umani.
e …le mamme, le mogli, i padri, i fratelli, le sorelle, le fidanzate, i figli, che disperatamente li cercano, arrivano in processione. Trattengono il bisogno di urlare, per timore di essere scorti. Tutti alla ricerca di un corpo da dissotterrare da una montagna di cadaveri, sepolti malamente dalla pozzolana caduta su quei miseri resti.
Li cercano perché non si rassegnano a credere che quel comunicato del Messaggero, diffuso la mattina di sabato, riguardi anche il proprio caro. Li cercano perché sperano che, per una qualsiasi fatalità del destino, il loro familiare si sia salvato. Non si mai: potrebbe essere riuscito a fuggire; potrebbe essere stato scartato all’ultimo momento; potrebbero non aver avuto bisogno di uccidere tutti gli arrestati. Ne hanno presi talmente tanti. Tutto è possibile finché non si appura la verità.
E’ proprio la verità che cercano disperatamente.
E’ per questa verità che si addentrano, appena possibile, nelle cave di pozzolana lasciate incustodite, dopo qualche giorno dal massacro.
All’imbocco della cava è tutto buio, non si scorge niente. Poi i più coraggiosi o i più disperati, s’inoltrano nel cunicolo. S’intravede un filo rosso , lo seguono.
Un tanfo nauseabondo, tipico dei cadaveri in decomposizione, ammorba l’aria della cava. Si arriva ad un alto mucchio di pozzolana che blocca il passaggio, tocca quasi il soffitto della galleria. C’è una scala, qualcuno più ardito sale, con l’aiuto di una candela riesce a vedere dall’altra parte. Si sente male. Si fa il segno della croce. E’ la conferma che ha visto dei morti.
“Non salite” dice agli altri.
“Cosa hai visto?” qualcuno chiede per tutti.

“Cadaveri” dice, resistendo ai conati di vomito “tanti, un’infinità. Braccia, gambe, teste che penzolano. Non andate! Facciamocene una ragione, ormai sono tutti morti.”
C’è ancora chi insiste e sale quella scala. Vede e dolore e disperazione hanno libero sfogo.
Il corteo in lutto torna sui suoi passi. Sulla via del ritorno viene diffusa, sempre sottovoce, la notizia della scoperta ad altri disperati che cercano di sapere. La voce si diffonde su Roma, s’infila nei palazzi, riempie le abitazioni, scuote l’anima della gente.
In una situazione così disperata c’è ancora posto per la speranza? Sì, molto flebile ma non abbandona chi ci si aggrappa, anche se porta soltanto a prolungare la sofferenza.
Malgrado sotto quella pozzolana ci sia un numero enorme di cadaveri, malgrado la possibilità che fossero ancora in vita sia crollata quando i primi corpi sono stati avvistati, il dubbio che il proprio caro non sia lì, ancora s’insinua nella mente di chi non vuole accettare la cruda realtà. La speranza ritorna, s’insinua nei corpi vivi e ricomincia il calvario.
Passano i giorni, si assiste ancora a qualche tentativo di intrusione nella cava ma i tedeschi, che si sono accorti del primo sopralluogo, fanno brillare delle mine nella galleria e i miseri resti vengono sepolti in quella fossa comune e nascosti alla vista di chiunque.
I più ostinati riprendono le ricerche. Vogliono conoscere l’elenco completo degli uccisi.
Vanno in via Tasso dove i tedeschi hanno il loro quartiere generale e dove, tutti sanno, vengono portati i prigionieri per essere interrogati. Spesso si sente una musica assordante provenire dall’interno di quel palazzo, una musica che copre qualsiasi altro suono. Ma quali suoni deve coprire? Circola una terribile voce: che la musica serva a coprire le grida dei torturati!
Torturato o già ammazzato?
Eppure, in famiglia, ancora si spera che un giorno il proprio caro possa tornare.