rappresaglia

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21

 

Pochi minuti dopo che Maria Civita ha lasciato l’appartamento qualcuno bussa alla porta.
Francesca si domanda chi possa essere visto che non aspetta visite e corre a guardare dallo spioncino.
“E’ quell’antipatica del quarto piano, la spiona.”
Francesca riflette qualche attimo… quasi quasi faccio finta che non ci sono… ma questa poi chissà che s’inventa perché di sicuro ha visto che sono in casa … meglio che apro e vedo che vuole.
“Salve, signora Francesca” dice quella sfoderando un sorriso falso e irritante.
“Buongiorno signora Giovanna, accomodatevi” la invita educatamente Francesca senza far trapelare l’antipatia che prova ma conservando un’espressione seria. La voglia di sorridere non le viene proprio.
“A cosa devo questa visita?” continua, giustamente incuriosita.
“Sono soltanto venuta un po’ a chiacchierare.”
“Ah! Molto gentile da parte vostra aver pensato a me per due chiacchiere” ( che falsa- pensa Francesca-  chissà che vuole, invece)
“Siete sola in casa?” domanda con molta faccia tosta.
“Sì, mia madre è appena uscita e le bambine giocano in camera (ma che te ne frega, brutta strega).
“La signora Sara e i suoi bambini non vengono mai? Dove sono andati?”
“Sono in vacanza, da parenti” chiara presa in giro da parte di Francesca (megera, eccola dove punta! Che ti venga un colpo!)   
“E’ da un po’ che non li vedo, signora, e mi sono incuriosita.”
“Già! Lo immagino. In ogni caso, finché qui ci siamo noi, non c’è spazio per altri. Ma scusate, perché vi siete incuriosita? Li conoscete bene?” (ma perchè non ti fai i cazzi tuoi?)
“Beh! Sì, sa com’è, signora… abitando nello stesso palazzo ci si conosce un po’ tutti”
“Sì, capisco. Io vivo qui da un po’ ma non conosco nessuno. Conosco solo voi perché vi vedo alla porta ogni volta che esco o rientro.” Appena dette queste parole Francesca se ne pente perché ha paura di quella donna ma non è proprio riuscita a frenare la lingua. Ormai è fatta e non può rimangiarsele.
“Ma come mai volete sapere di loro?” continua Francesca incuriosita. (lo so bene che stai sempre lì a spiare, strega).
“Signora, vi confesso che ieri mi sono un po’ preoccupata quando è successo l’attentato in Via Rasella.”
“Un attentato? Quando di preciso? Io non ne ho sentito parlare.”
A Francesca conviene far finta di ignorare l’accaduto per non correre il rischio di dire qualcosa di troppo.
“Ma come è possibile che non abbiate sentito dire niente! Ne parla tutta Roma.”
“Forse perché non sono uscita, signora Giovanna. Ma, a proposito, perché eravate preoccupata per Sara e i bambini?” chiede Francesca per vedere fino a che punto arriva la perfidia di quella donna.
“Perché so che hanno preso tanti carcerati e oggi li ammazzeranno.”
“Li ammazzeranno? Oggi?”
Francesca recita bene la parte di chi non sa e dopo una pausa continua: “ma che c’entrano Sara e i ragazzi con tutto questo?”
“Beh! Non avendoli più visti mi era venuto il sospetto che stessero in carcere e che…”
“In carcere?” la interrompe immediatamente Francesca “e perché mai? Non hanno fatto niente di male, perché dovrebbero essere in carcere? Per caso vi risulta che in carcere ci siano anche le persone innocenti e soprattutto i bambini?”
“No, no, assolutamente, signora Francesca, avete ragione, sono stata sciocca a preoccuparmi inutilmente per Sara e i bambini.”
“Vi ringrazio per la vostra sensibilità, non se ne trovano più persone come voi” (crepa, brutta carogna, e che il Signore ti faccia succedere tutto il male che vuoi per gli altri)
“Ora vado, arrivederci. Quando li vede mi saluti Sara e i bambini” la signora si conceda
“Non mancherò. Arrivederci signora” (e scordati questa porta, vipera).
Francesca chiude la porta e appoggiandosi di spalle al chiavistello tira un sospiro di sollievo. Quella visita è un brutto segno, perché quella donna, per Francesca, è peggio di un gatto nero che ti attraversa la strada. Certamente staranno succedendo cose drammatiche.
Aspetta con ansia sempre crescente il rientro della mamma e quando arriva l’assale con le domande.
“Allora? Cosa hai saputo?” le chiede appena mette piede in casa.
So’ morte ati sei tedeschi, poesse pure sette.  Dento starera accirono trecentovinti o trecentotrenta italiani, ma ‘nze sape bono quanti n’hanno pigliati” Maria Civita è sconvolta.
“E da do’ gli hanno pigliati?”
“Hanno pigliati prima de tutto gli ommene arrestati a Via Rasella, pure chigli che stevono dento le case, nun sulo chigli che stevono pe’ la strada. Gli ati gli hanno pigliati in carcere. Hanno cominiciato co’ chigli che issi chiamano comunisti ma siccome n’abbastavano hanno pigliati n’ati pochi d’ebrei e chi steva ‘n carcere pe le scemenze. Penza, ce steva la mamma de nu vaglione de quindici anni che chiagneva come ‘na disperata pecchè gliu figliu era stato arrestato iterza pecchè ‘ns’è arritirato prima degliu coprifoco.”
“Gesù! Ecco pecché la strega me spiava tutte chelle cose. Che potemo fa’?” dice Francesca sapendo che non c’è risposta alla sua domanda, puramente retorica.
“Ni-ènte, proprio ni-ènte! Franceschì, si avissi visto com’’era disperata chella gente che non sa che fine hanno fatto gli parente, te mettivi a chiagne pure tu. I’ m’aggio misso a chiagne e non me ne metto scorno. Me so’ accorata. Me faceva male proprio ‘npetto ccà” così dicendo Maria Civita si tocca all’altezza dello sterno.
“Tutto gliu iorno ‘nnanzi e arreto, ‘nnanzi e arreto. Là gli’aggio lassati e là gli’aggio trovati, vanno ancora sbattenno da Regina Coeli a Via Tasso,  pe’ sape’ caccosa.. Pare la processione de venerdì santo, ma nisciuno gli dice niènte. ‘nze trova manco nu fariseo che se move a pietà. Eppure so ommene puru issi, ssi’ tedeschi, e che cazzo! gli s’è consumato gliu core. Ce stesse uno che se move a compassione, niènte.   Che malvagità, manco na poca de pietà.  Ma che dicivi prima, della ianara?”
Francesca racconta la visita della signora Giovanna e entrambe s’indignano, non possono evitarlo. Poi tornano alle notizie sulla rappresaglia. Maria Civita ha solo da aggiungere che l’unica voce che serpeggia di casa in casa, come un tam tam, è che hanno caricato tutte quelle persone su dei camion e le hanno portate fuori Roma.
“Mo’ potemo solo dice nu rosario alla Madonna che no gli fa soffrì.”
“Mammà, perdoname ma gnu voglio dice. Me sembra che sto a ringrazià pecchè n’è toccato a nui. Diglio tu, poesse a te la Madonna te scota.”
Maria Civita prende la corona ma, di fronte al rifiuto della figlia la mette da parte. Lo dirà da sola, nel letto, prima di addormentarsi.
Se ne stanno in silenzio, Elena e Matilde hanno affinato una sensibilità tale da percepire immediatamente quando c’è qualcosa di triste nell’aria e se ne stanno in camera loro, giocando in silenzio. Mamma e figlia aspettano che rientri Paolo sperando che sappia qualcosa di più. Saperne di più non è di aiuto a nessuno ma le fa sentire più partecipi e meno colpevoli verso chi è stato segnato dalla brutta ora.
Quando Paolo rientra non aggiunge nulla che già non sappiano. Soltanto la sera dopo, porta un foglio del Messaggero di quella mattina sul quale è comparso un annuncio. Lo legge ad alta voce, l’annuncio termina così:
“… Il Comando tedesco ha perciò ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito”.
“Già stato eseguito? Vordì che già gli hanno già accisi?” e MariaCivita si fa il segno della croce
“Sì, già li hanno ammazzati, ieri sera.”
“Povera gente! Poveri innocenti! E gli parente come fanno a trova’ pace!”
Maria Civita racconta anche a Paolo il suo peregrinare avanti e indietro, insieme ai parenti degli arrestati, da Via Tasso al carcere di Regina Coeli e viceversa.
“Mo’ però. Sta notizia l’avranno letta tutti quanti.”
“Sì, però non c’è scritto dove li hanno portati e neanche ci sono i nomi di chi hanno ucciso” fa notare Paolo “perciò i parenti ancora non sono sicuri di niente. Ancora cercano di scoprire qualcosa.”
“E come fanno, povereglie! Gesù dagli la forza!”
“Prima o poi lo scoprono, le voci girano, anche se tutti stanno attenti a non parlare troppo.”
Passano alcuni giorni da quella sera ma non ci sono notizie di rilievo. Solo una sembra avere una certa consistenza perché qualcuno ha visto molto movimento intorno a delle cave di pozzolana, vicino ai salesiani delle catacombe di San Callisto.
La processione si sposta in quei luoghi, si scopre che nella giornata del massacro c’è stato movimento fino alle sette di sera. Si individuano le cave di pozzolana ma non si può entrare perché la zona è presidiata dai tedeschi. Sempre in processione i parenti delle vittime vanno dai salesiani e scoprono che effettivamente c’è stato un via vai di tedeschi, di camion e che forse i morti stanno proprio là, nelle cave, ma non riescono a sapere niente di più.
Nessuno conferma questa atroce verità ma già il fatto che la zona sia presidiata fa capire che quella può essere la fossa comune per i trecentoventi o trecentotrenta Italiani, o anche di più.